La gestione delle risorse idriche è da sempre una delle sfide più grandi per le civiltà umane. Oggi, in un'epoca caratterizzata da cambiamenti climatici, siccità ricorrenti e dissesto idrogeologico, il mondo digitale si pone come una nuova frontiera per affrontare queste problematiche. Tuttavia, guardando al passato, possiamo imparare molto dalle soluzioni ingegnose che le civiltà antiche hanno sviluppato con mezzi ben più limitati, ma con una profonda comprensione del territorio.
Nell'antica Roma, gli acquedotti rappresentavano un miracolo di ingegneria idraulica, un sistema capillare che trasportava acqua fresca per chilometri, rifornendo città e villaggi sparsi su tutto il vasto territorio dell’Impero. Ancora oggi, alcune di queste strutture continuano a funzionare, come silenziosi testimoni dell'intelligenza pratica dei nostri antenati. A ciò si aggiungono cisterne e acquari, fondamentali per raccogliere e conservare l'acqua piovana.
Dal 1600 in poi, l’Italia, e in particolare il Sud della penisola, adottò una tecnica simile, costruendo giganteschi acquari, cisterne e bacini per raccogliere l’acqua durante l’inverno, garantendo un approvvigionamento idrico durante le estati secche. Queste opere erano manifestazioni di una comprensione profonda delle dinamiche naturali e della necessità di pianificare per il futuro, un concetto che rimane valido oggi, anche nell’era del digitale.
Ma cosa ci insegna il passato in un’epoca dominata dal digitale? Mentre le tecnologie moderne, come l'uso di sensori per il monitoraggio in tempo reale delle risorse idriche, droni per la sorveglianza delle infrastrutture, e algoritmi di intelligenza artificiale per la gestione ottimizzata dell’acqua, stanno diventando sempre più importanti, l'eredità del passato ci ricorda che nessuna tecnologia può sostituire una visione strategica e integrata del territorio.
La sfida dell’acqua non si può vincere solo con la tecnologia, ma con una sinergia tra conoscenza digitale e tradizione. Guardando al futuro, la strada da seguire potrebbe essere quella di un ritorno a una progettazione che tenga conto non solo delle soluzioni tecnologiche, ma anche di una comprensione ecologica e storica del territorio. Non basta avere strumenti avanzati, occorre anche sapere come usarli, e soprattutto perché usarli in un certo modo.
In conclusione, la storia ci insegna che l’intelligenza pratica, unita a una pianificazione oculata, ha permesso alle civiltà di prosperare anche in condizioni difficili. Oggi abbiamo a disposizione strumenti potentissimi, ma dobbiamo far tesoro delle lezioni del passato, quando l’acqua era gestita con cura, rispetto e lungimiranza. Solo così potremo affrontare efficacemente la sfida idrica del nostro tempo.
13 settembre 2024 - Giuliano Martini Ascalone