Gianfranco Sciscione, il sogno televisivo che ha attraversato mezzo secolo di Italia


di ILARIA SOLAZZO

Gianfranco Sciscione, l’uomo che girò il piccolo schermo verso il Paese

Gianfranco Sciscione, nome sconosciuto a pochi è il protagonista di una rivoluzione: un sogno televisivo partito da Terracina, fine anni Settanta, cresciuto fino a guardare l’Italia intera.

Da una tv locale ad una rete nazionale

Correva il 1978 quando Sciscione fondò Telemontegiove. Una sigla da poco, un lampo di sfida al monopolio statale. Era un tempo in cui la tv privata era un’utopia, e la normativa nemmeno c’era. Solo nel 1990, con la legge Mammì, si crearono le regole del gioco.
Da quella stazione apparentemente 'minuscola' egli diede vita al Gruppo Netweek, fondando Lazio TV, Gold TV (ex Quarta Rete), Alma TV, Donna TV, Travel TV, Italia 9 Network... E non solo! Studi operativi a Roma, Fiumicino, Firenze: tutte piazze che contano, niente palcoscenici vuoti.

"Il Grande Sogno", un’autobiografia che profuma di vita

A Torino nel maggio 2025, Sciscione ha presentato il suo libro "Il Grande Sogno. Il ragazzo che sognava la televisione", scritto insieme a Piermaria Cecchini. Dinnanzi a milioni di persone, il suo progetto editoriale ha trionfato. Una narrazione fra ricordi, aneddoti, famiglia — i figli Marco, Giovanni e Italo che non sono comparse, ma attori attivi nella Sua Grande Storia.
Luciano Moggi lo ha accostato a Maradona: «Emerge nonostante tutto». E sul palco c’erano anche Giovanni Firera e Fabrizio Bontempo, che hanno salutato l’opera come un 'modello' per chi vuol costruire col sudore.

Il memoir che sa di chiamata

Non è un pamphlet autocelebrativo. È un invito: «Credici. La vita non regala nulla. Ma se credi sul serio, qualcuno può regalarti un sogno». Scrivere semplice, evocare concreto. Un messaggio che sa di generazione — e di impresa.

Sciscione, il Montanelli del piccolo schermo

Sciscione è uomo pacato, testimone più che bandiera. Come Montanelli prediligeva il lettore rispetto al potere, così lui ha preferito la sfida di una rete indipendente all’applauso facile. Qui non c’è copertina. C’è una storia raccontata con sobrietà, senza voce alta, ma con coerenza.
Un libro che vale una lettura. Un uomo che merita attenzione. Sciscione non ha inventato nulla di rivoluzionario (secondo alcuni) — ha solo fatto ciò che serviva: partire dal basso, restare fedele, trasformare un sogno non solo in una Rete ma in molteplici Reti. E lo ha raccontato senza fronzoli. Come avrebbe fatto Montanelli.

L'intervista

D. Presidente Sciscione, come nasce il suo sogno televisivo?

R. «Nel 1978, a Terracina, fondai Telemontegiove. Non c’era una legge, non c’era mercato. Solo un’idea: dare voce a chi non ce l’aveva. La legge Mammì arrivò nel 1990, ma noi eravamo già in marcia»

D. La sua famiglia come reagì a questa scelta?

R. «Mio padre sperava per me una carriera sicura, forse in banca. Non capiva. Mia madre, invece, mi sostenne. La sua fiducia è stata fondamentale»

D. Qual è stato il momento più difficile del suo percorso?

R. «A dieci anni rischiai la vita. Un incidente che mi cambiò. Da allora, ogni giorno è un’occasione. La morte ti insegna a vivere»

D. Cosa rappresenta per lei “Il Grande Sogno”?

R. «Non è solo un libro. È la testimonianza che chi parte dal nulla può costruire qualcosa. È un messaggio per chi crede nei sogni e nella fatica»

D. Come definirebbe il suo ruolo nel panorama mediatico italiano?

R. «Non sono un magnate della comunicazione. Sono un uomo che ha creduto in un’idea e l’ha portata avanti con determinazione»

D. Cosa pensa dell’attuale situazione dell’informazione locale?

R. «È un servizio pubblico. La voce dei territori, dei cittadini. Non può essere ridotta a mera pubblicità. Deve essere indipendente e vicina alla gente»

D. Qual è il futuro del Gruppo Netweek?

R. «Stiamo puntando su contenuti televisivi di qualità, superando la volatilità delle televendite. Vogliamo essere un polo editoriale locale integrato, che offre informazione su più piattaforme»

D. Cosa direbbe ai giovani che vogliono intraprendere una carriera simile alla sua?

R. «Non aspettate che qualcuno vi regali qualcosa. Nella vita, nessuno ti regala niente. Ma se ci credi davvero, qualcuno può regalarti un sogno»

D. Come si vede tra dieci anni?

R. «Non mi interessa. Vivo nel presente. Ogni giorno è una nuova sfida. E finché avrò energia, continuerò a lottare per ciò in cui credo»


In un panorama letterario spesso dominato da superficialità e mode passeggere, il libro di Sciscione Gianfranco emerge con la forza di un faro autentico, capace di illuminare con rigore e passione le pieghe più nascoste dell’animo umano. Leggere la sua opera significa immergersi in un viaggio intellettuale e spirituale che non si accontenta di scalfire la superficie delle cose, ma si spinge con coraggio oltre, sfidando lettori e preconcetti.

Sciscione non è solo uno scrittore, ma un vero e proprio artigiano della parola: la sua scrittura si nutre di profondità, consapevolezza e un’attenta osservazione del mondo che lo circonda. Ogni pagina è permeata da una sincerità disarmante, da un’eleganza stilistica che non sacrifica mai la sostanza, ma anzi ne esalta il valore con una limpidezza rara.

In un tempo in cui spesso ci si perde nel rumore di fondo, questo libro rappresenta un’oasi di riflessione, uno spazio in cui il pensiero critico si coniuga con una sensibilità autentica, offrendo al lettore non solo risposte, ma soprattutto nuove domande da coltivare. La stima che nutro per Gianfranco Sciscione nasce dalla sua capacità di creare un dialogo profondo e rispettoso con chi lo legge, invitandolo a guardare oltre, a sentirsi parte di un discorso più ampio e significativo.

In definitiva, questa opera non è solo un libro da leggere, ma un’esperienza da vivere, una testimonianza di impegno intellettuale e umano che merita di essere valorizzata e celebrata. Sciscione ci ricorda, con forza e delicatezza, che la letteratura ha il potere di trasformare, educare e, soprattutto, unire.

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