Esperti in psicologia, veterinaria, filosofia, zooantropologia grazie ad un profondo e coordinato lavoro ci guidano verso una relazione più consapevole con i nostri animali da compagnia, preparandoci anche alla loro inevitabile dipartita. Il lavoro è ora stato pubblicato nel libro "Tutto l’amore che resta", e spiega perché non puo’ essere delegittimata la sofferenza per la perdita di un animale
ROMA - Le case degli italiani sono oggi abitate da circa 10,2 milioni di gatti e 8,8 milioni di cani (Fonte: Rapporto Assalco- Zoomark 17° edizione), creando vere e proprie famiglie "allargate". Senza contare gli altri animali "da compagnia" e gli altri migliaia di animali nei canili e gattili, o randagi.
Tutti loro sono indubbiamente una grande fonte d’affetto e di incredibili esperienze per gli umani, ma richiedono anche una responsabilità quando si tratta di accudirli, curarli e seguirli fino alla fine dei loro giorni.
L’importanza di prepararsi alla morte di un animale da compagnia
La morte di un animale da compagnia inevitabilmente diventa un’esperienza dolorosa e difficile da affrontare, tanto più se include il coinvolgimento emotivo di bambini o anziani. È una perdita che non può essere delegittimata.
Può anche capitare l’inverso, ovvero che sia il cane o il gatto a rimanere improvvisamente orfano della sua famiglia adottiva. La verità è che purtroppo non si è mai abbastanza preparati ad affrontare l’imprevisto o i dispiaceri, visto che rappresentano ancora dei tabù difficili da affrontare.
Quando si descrive un cane o un gatto, pensiamo ad esempio alle immagini delle pubblicità, dove prevale l’immaginario di cuccioli belli e giocosi. Nella realtà anche i cuccioli diventeranno animali adulti, che potranno avere bisogno di cure e di assistenza fino alla fine dei loro giorni. Un’esperienza che accomuna milioni e milioni di persone, solo in Italia.
E allora, come affrontare queste evenienze?
Esperti in psicologia, veterinaria, filosofia, scienze animali e arte hanno approfondito le emozioni del fine vita degli animali che sono diventati i nostri compagni di tutti i giorni.
Un lavoro che è diventato un libro, rivolto in particolare a coloro che hanno affrontato la difficile esperienza della perdita di un affetto a "quattro zampe" o che in futuro si troveranno ad affrontare il processo mentale di accettazione e rassegnazione alla loro perdita.
Il titolo dell’opera è "Tutto l’amore che resta" (Terra Nuova libri), e richiama ciò che di importante gli animali ci insegnano a comprendere durante la loro esistenza con noi. Fino a considerare la continuità oltre i cicli di nascita e fine vita.
Dopo l’anteprima al Salone del libro di Torino a metà maggio, l’opera è ora già disponibile nelle librerie e sul sito Terranuova.it.
Gli autori dell’opera
Tra gli autori di "Tutto l’amore che resta" vediamo Anna Albonico (docente), Lorenza Bianchi (LAV), Stefano Cattinelli (medico veterinario), Goffredo Fofi (giornalista, figura di spicco della critica culturale e cinematografica, autore di numerosi saggi), Cristina Giovagnoni (medica in psichiatria), Manuela Macelloni (filosofa e consulente della relazione con il cane), Annamaria Manzoni (psicologa e psicoterapeuta), Ines Testoni (docente di Psicologia Sociale all’Università di Padova, sua la prefazione), Angelo Vaira (coach della relazione con il cane, scrittore, insegnante di meditazione), Massimo Wertmüller (attore e doppiatore), Maria Falvo (LAV, curatrice del libro).
La prefazione della Prof.ssa Testoni
Qui la testimonianza della Prof.ssa Ines Testoni, docente di Psicologia Sociale all’Università di Padova, tratta dalla prefazione al libro: «Questo libro "Tutto l'amore che resta" fortemente voluto dalla Lega Anti Vivisezione testimonia un cambiamento culturale estremamente interessante e importante al quale dobbiamo dedicare tutta la nostra attenzione. Se la Lega Anti Vivisezione si è sempre impegnata per ridurre il più possibile la sofferenza degli animali spesso utilizzati come macchine - è un paradigma cartesiano quello che stabilisce che il corpo degli animali è equivalente a una macchina - ovvero, poiché gli animali sono solo corpo, sono equivalenti a una macchina: ebbene, la LAV ha sempre messo in questione tale assunto cartesiano e ha invece promosso la visione di essere senziente, di vivente e senziente, di conseguenza sofferente. Bene, ma questo libro va oltre e si rende conto di un fatto ulteriore: se gli animali non sono macchine e sono addirittura qualcosa di più che esseri senzienti, cioè, sono esseri con una propria psiche, con una propria personalità, con delle caratteristiche soggettive che li distinguono individualmente, significa che sono anche esseri con i quali possiamo intraprendere delle relazioni significative, vale a dire delle relazioni di "attaccamento". Sappiamo che durante la vita ci leghiamo a delle persone ma sempre più spesso anche ad alcuni animali attraverso un tipo di legame molto profondo, con l'interiorizzazione di schemi comportamentali in forma reciproca, quasi di rispecchiamento e quando questo avviene nel momento in cui la persona o l'animale con il quale abbiamo instaurato un legame di attaccamento profondo e significativo muore, rimaniamo orfani di una relazione importante e questa lezione implica un’autentica sofferenza. Il lutto per la perdita di un animale amato è un lutto non riconosciuto a livello sociale, perché siamo sempre disponibili a pensare che abbiamo a che fare con delle “macchine biologiche” con dei corpi che sono macchine biologiche. Invece no, gli animali sono figure che costellano la nostra esistenza rispetto alle quali proiettiamo delle aspettative e non solo, con le quali abbiamo possibilità di vivere delle esperienze condivise che tracciano la direzione delle nostre biografie. Quindi è importante che a livello sociale impariamo a legittimare, cominciamo a legittimare, questo tipo di sofferenza perché se cominciamo a comprenderci tra di noi, tra umani, rispetto a questo tipo di sofferenza, forse possiamo arrivare a capire anche a livello sociale quanto violenti siamo con questi nostri compagni di viaggio. Buona lettura». Ines Testoni, docente di Psicologia Sociale all’Università di Padova