Femminicidio, non omicidio: perché le parole contano


ILEANA PIZZOLLA
- Il Senato ha approvato il reato autonomo di femminicidio: un passo storico, ma soprattutto simbolico. Con 161 voti favorevoli, mercoledì 23 Luglio 2025, il Senato ha approvato all’unanimità il disegno di legge che introduce nel codice penale l’articolo 577-bis, dando riconoscimento giuridico pieno a una realtà che il linguaggio giuridico finora faticava a nominare: il femminicidio.

Chi lavora da anni nei contesti della violenza domestica e dei reati di genere, sa che questa riforma rappresenta un passaggio tanto atteso quanto delicato, perché dare un nome significa riconoscere una matrice, e riconoscere una matrice significa finalmente intervenire sulle radici culturali della violenza.

Cosa prevede il nuovo reato

L’art. 577-bis stabilisce che: "Chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità, è punito con l’ergastolo".
Non si tratta solo di un’aggravante, ma di un reato autonomo che riconosce nel genere femminile una condizione specifica di vulnerabilità legata alla struttura del potere relazionale, sociale e culturale.
Un disegno di legge articolato che rafforza non solo l’inquadramento penale ma anche le garanzie procedurali per le vittime di violenza.
Uno dei nodi centrali ha riguardato la definizione del reato, ritenuta troppo generica da parte delle opposizioni. La formulazione iniziale faceva riferimento a comportamenti discriminatori o d’odio nei confronti di una persona in quanto donna, con l’intento di ostacolarne i diritti, le libertà o l’autodeterminazione. Tuttavia, mancava un riferimento esplicito alla dimensione relazionale, spesso alla base degli episodi più gravi, come i femminicidi scatenati dal rifiuto di proseguire una relazione.
Per colmare questa lacuna, è stato inserito un passaggio che riconosce come elemento rilevante il diniego da parte della donna a iniziare o continuare un legame affettivo, oppure a subire condizioni di sottomissione o restrizioni delle proprie libertà personali.
Questa tutela si estende anche a chi si identifica come donna, indipendentemente dai dati anagrafici.
Come detto, le modifiche hanno riguardato anche le circostanze aggravanti nei reati di maltrattamento familiare, lesioni personali e atti persecutori. La legge cerca, dunque, di andare oltre una logica emergenziale, riconoscendo nella violenza di genere un fenomeno radicato e sistemico.
Una conquista di grande valore culturale. Inquadrare il femminicidio come reato autonomo significa riconoscere che l’uccisione di una donna non è mai solo un fatto privato, ma spesso l’atto finale di un sistema di controllo, dominio e negazione della soggettività femminile.
Ora il testo, come da iter, passerà alla Camera dei Deputati per la sua approvazione.

Riferimenti
Senato della Repubblica: Mercoledì 23 Luglio 2025 – 332ª Seduta pubblica

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