Si pensa intensamente ed
irresponsabilmente agli armamenti bellici mentre prende piede inesorabilmente
il disarmo dei valori...
In un'epoca dominata da una corsa
sfrenata alla modernizzazione militare, si assiste a un inquietante squilibrio:
mentre le tecnologie belliche evolvono a ritmi vertiginosi, i valori umani
sembrano ritirarsi nell'ombra. “Gli armamenti avanzano, i valori arretrano”
potrebbe ben riassumere lo spirito dei nostri tempi, in cui la logica della
forza spesso prevale su quella della convivenza.
Mentre le nazioni investono ingenti
risorse nell'acquisizione di armi sempre più sofisticate, si assiste, in
parallelo, a un preoccupante declino dei valori fondamentali che dovrebbero
guidare le società. È un paradosso del nostro tempo: mentre cresce la potenza
bellica, si sgretolano principi essenziali come il rispetto, la solidarietà e
la giustizia sociale.
Le statistiche parlano chiaro: nel 2023,
la spesa mondiale per la difesa ha superato i 2.240 miliardi di dollari,
segnando un incremento costante rispetto agli anni precedenti. Paesi
economicamente fragili destinano somme spropositate all’acquisto di armamenti,
mentre faticano a garantire istruzione, sanità e benessere ai propri cittadini.
Il progresso tecnologico militare avanza inesorabile, ma con esso cresce la
distanza tra chi ha accesso alle risorse e chi è costretto a vivere nella
precarietà.
Il panorama internazionale è costellato
da innovazioni nel campo della difesa, dall'intelligenza artificiale applicata
alla guerra cibernetica a sistemi d'arma sempre più sofisticati. Le nazioni
investono miliardi in armamenti, convinte che la deterrenza militare sia la
chiave per la sicurezza nazionale. Tuttavia, questa corsa agli armamenti porta
con sé una serie di dilemmi etici e politici: il rischio di escalation, il
rincorrere tecnologie che possono facilmente cadere in mani sbagliate, e il
continuo aumento della tensione tra stati.
Parallelamente a questa crescita
esponenziale degli armamenti, si osserva un progressivo disarmo dei valori
tradizionali: il dialogo, la solidarietà e il rispetto reciproco sembrano
perdere terreno in favore di una logica competitiva e individualista. “Armi in
crescita, valori in declino” non è solo un aforisma provocatorio, ma una realtà
che si riflette in numerosi ambiti della vita sociale e politica. La priorità
data alla sicurezza fisica, misurata in termini di potere militare, ha finito
per relegare il benessere collettivo e la coesione sociale a un ruolo
secondario.
Il paradosso risiede proprio nella
contraddizione intrinseca di un mondo che, da un lato, rafforza continuamente
le proprie capacità distruttive, e dall’altro, assiste a un impoverimento del
tessuto etico e morale. Questa dicotomia è alimentata da diversi fattori:
- La globalizzazione e l'informazione istantanea: In un contesto in cui le notizie di conflitti e
crisi viaggiano alla velocità della luce, la percezione del pericolo
alimenta una mentalità difensiva che, spesso, trascurando il dialogo e la
diplomazia, abbraccia soluzioni armate.
- Il progressivo individualismo: La crisi dei modelli comunitari e il crescente
individualismo hanno indebolito quel senso di appartenenza e di
responsabilità reciproca, fondamentali per il consolidamento di valori
condivisi.
- La sfiducia nelle istituzioni: Quando le istituzioni sembrano incapaci di
garantire sicurezza e giustizia, la società tende a cercare risposte
immediate nella forza militare, accantonando il lungo processo di crescita
morale e civile.
A fronte di questa corsa agli armamenti,
si assiste a un preoccupante disarmo etico e morale. L'individualismo sfrenato,
la perdita del senso di comunità e il dilagare della violenza sociale sono
segnali di un mondo che ha smarrito il valore della convivenza pacifica. Si
parla di deterrenza, di sicurezza nazionale, di protezione, ma ci si dimentica
che la vera sicurezza nasce dall’equità, dalla cultura e dal rispetto
reciproco.
In Italia, sembra che si preferisca
giocare alla guerra piuttosto che occuparsi dei grandi valori della società
civile, come la tutela dei diritti e il rispetto dei doveri che essa comporta.
La nostra Costituzione, nata dal ripudio della guerra, viene spesso dimenticata
quando si tratta di scegliere tra investimenti nei servizi pubblici e spese
militari. D'altronde, perché preoccuparsi di sanità ed educazione quando si può
avere un bell’arsenale da esibire?
Il vero pericolo non sta solo nelle armi
che accumuliamo, ma nell’indifferenza con cui assistiamo a questa
trasformazione. Se la guerra è un business sempre più redditizio, il declino
dei valori rischia di diventare una piaga irreversibile. Occorre una presa di
coscienza collettiva per invertire questa rotta, ponendo nuovamente al centro
del dibattito politico e sociale l'importanza della dignità umana, della pace e
della giustizia.
Il dilemma che ci troviamo ad affrontare
impone una riflessione profonda sul tipo di società che vogliamo costruire. È
possibile invertire la rotta e ristabilire un equilibrio tra sicurezza e
valori? La risposta potrebbe risiedere in una politica internazionale che
privilegi il dialogo e la cooperazione, in un’educazione che metta al centro
l’empatia e la cittadinanza attiva, e in una riforma delle istituzioni che
reintroduca la trasparenza e il senso del bene comune.
In definitiva, il paradosso dei nostri
tempi ci sfida a ripensare le priorità: in un mondo dove “più armi, meno
valori” sembra la tesi dominante, è urgente riscoprire e rafforzare quei
principi etici che hanno storicamente permesso il progresso civile e la
convivenza pacifica. Solo così potremo sperare di trasformare la spinta
distruttiva in una forza costruttiva, capace di guidare il futuro verso un
orizzonte di pace e condivisione.
20 marzo
2025 - Giuliano Martini Ascalone