Fare politica seria: I contadini insegnano a far germogliare la società trovando i semi migliori

 


Fare politica seria: I contadini insegnano a far germogliare la società trovando i semi migliori

L'approccio agrario come modello per una politica attenta, responsabile e radicata nel territorio.

 

Nel cuore della campagna italiana, tra filari di vigne, campi di grano e antichi uliveti, si cela una lezione preziosa per il mondo politico contemporaneo. I contadini, custodi di una tradizione millenaria, ci insegnano che la cura, la pazienza e la selezione accurata sono alla base di ogni crescita sana e duratura.

Questa filosofia, applicata all'agricoltura, può diventare una metafora potente per una politica che aspira a far germogliare una società solida e inclusiva.

Il contadino sa bene che ogni seme possiede un potenziale unico. La scelta del seme migliore non avviene per caso, ma attraverso un’attenta analisi del terreno, delle condizioni climatiche e della stagionalità. Analogamente, una politica seria dovrebbe basarsi sulla selezione accurata delle idee e dei talenti. Non basta l’entusiasmo o il carisma; occorre individuare quelle proposte che, radicate nel reale e nella tradizione, possano garantire uno sviluppo sostenibile per il futuro.

“Il seme migliore non è quello che germoglia in fretta, ma quello che, con pazienza e cura, dà frutti sani e duraturi.”

— Detto popolare tra i contadini, che oggi risuona anche nei corridoi della politica.

Così come il contadino prepara il terreno, concime naturale della fertilità, la politica deve creare le condizioni ideali affinché le idee possano radicarsi e fiorire. Questo implica un impegno verso la partecipazione attiva dei cittadini, la valorizzazione delle comunità locali e un dialogo costante tra istituzioni e territorio. In un'epoca in cui il divario tra le grandi città e le aree rurali si fa sempre più evidente, l'insegnamento dei campi diventa un richiamo alla riscoperta delle radici e dei valori condivisi.

La cura del terreno, con pratiche tradizionali e sostenibili, rappresenta un modello per una politica che non si limiti a promettere cambiamenti, ma che lavori concretamente per migliorare la vita quotidiana delle persone. Un approccio che, come in agricoltura, richiede impegno, investimenti a lungo termine e la capacità di adattarsi alle condizioni mutevoli, siano esse climatiche o sociali.

Il processo agricolo è un ciclo continuo che va dalla scelta del seme giusto alla raccolta dei frutti, passando per fasi di semina, irrigazione, potatura e protezione dalle intemperie. Questo ciclo è una metafora perfetta per il percorso politico: l'avvio di un progetto richiede una solida fase iniziale, in cui le idee vengono seminati e coltivate con attenzione; il sostegno della comunità e degli istituti si traduce nelle cure quotidiane; infine, la raccolta rappresenta il frutto di un impegno condiviso e del successo di politiche ben radicate nel territorio.

In un’epoca di incertezza e rapidi cambiamenti, la politica ispirata ai metodi dei contadini non si limita a reagire agli eventi, ma pianifica il futuro con lungimiranza. Si tratta di investire nella formazione, nel dialogo intergenerazionale e nella valorizzazione di quelle risorse umane che, come semi di qualità, possono far rinascere l’intera società.

La crescente attenzione verso pratiche agricole biologiche e sostenibili non è solo una moda del settore agroalimentare, ma un segnale di consapevolezza che potrebbe e dovrebbe traslarsi anche nel mondo della politica. Un approccio "biologico" alla gestione delle risorse e alla risoluzione dei problemi sociali si basa su principi di rispetto per l'ambiente, equità, e responsabilità condivisa. Questi stessi valori sono imprescindibili per costruire una società che miri al benessere collettivo piuttosto che alla mera competizione di interessi.

Inoltre, proprio come l’agricoltura sostenibile promuove la biodiversità, una politica che si ispira ai metodi dei contadini deve abbracciare la diversità culturale, sociale ed economica, riconoscendo che ogni individuo e ogni comunità porta con sé un contributo unico alla ricchezza del Paese.

I contadini, con il loro impegno quotidiano e la loro conoscenza del territorio, offrono una lezione che va ben oltre il semplice atto della semina. Essi rappresentano un esempio di come la dedizione, la pazienza e l’attenzione alle piccole cose possano generare cambiamenti profondi e duraturi. Allo stesso modo, una politica seria deve saper individuare e nutrire quei "semi" – le idee, i valori, i talenti – che, con il giusto supporto, possono far germogliare una società più giusta, inclusiva e sostenibile.

In un momento storico in cui la fiducia nei confronti delle istituzioni è messa a dura prova, riscoprire il modello agrario significa anche tornare a valorizzare il legame tra uomo e terra, tra tradizione e innovazione, per costruire un futuro in cui il bene comune sia al centro di ogni scelta.

La politica, per essere efficace e realmente al servizio della collettività, dovrebbe ispirarsi alla saggezza contadina. Chi lavora la terra sa bene che per ottenere un buon raccolto è necessario scegliere con cura gli ingredienti giusti. Un parallelismo che, se applicato alla gestione della cosa pubblica, potrebbe restituire alla politica il suo valore autentico: quello di coltivare il bene comune.

Oggi assistiamo a una crisi della politica, caratterizzata da improvvisazione, clientelismo e mancanza di visione a lungo termine. Troppo spesso, invece di selezionare "i semi migliori", ossia le idee più valide e le persone più capaci, si preferisce il tornaconto immediato, seminando discordia, inefficienza e sfiducia nei cittadini.

I contadini, invece, sanno che senza una semina attenta e senza cure costanti, il raccolto sarà misero o addirittura inesistente. Non basta piantare un seme: occorre proteggerlo dalle avversità, nutrirlo e aspettare con pazienza che dia frutto. La politica dovrebbe funzionare allo stesso modo: selezionare con criterio le persone chiamate a governare, favorire idee e progetti sostenibili, investire con lungimiranza nelle risorse disponibili.

Un'altra lezione politica che possiamo apprendere dai contadini è la potatura degli alberi. Non si tratta solo di tagliare i rami secchi, ma anche di rimuovere quelli infruttiferi per rafforzare quelli che possono dare buoni e sostanziali frutti. Nella politica, questo significa eliminare pratiche e soggetti che non portano benefici alla collettività e concentrare risorse ed energie su progetti e persone capaci di produrre cambiamenti positivi e duraturi.

Inoltre, chi lavora la terra conosce l'importanza della cooperazione. Nessun agricoltore lavora in solitudine: esistono reti di collaborazione, scambi di conoscenze, un senso di appartenenza alla comunità. Un atteggiamento che la politica ha dimenticato, sempre più divisa in fazioni che mirano solo alla propria sopravvivenza, anziché alla prosperità collettiva.

Fare politica seria significa dunque tornare alle radici, osservare la natura, apprendere dalla saggezza contadina il valore della pazienza, della cura e della selezione oculata. Solo così la società potrà tornare a germogliare e a dare frutti di valore per tutti.

 

4 marzo 2025 - Giuliano Martini Ascalone


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