Negli ultimi decenni, l'Unione Europea ha perseguito un
progetto ambizioso: unire popoli e nazioni, non solo attraverso legami
economici e politici, ma con una visione di integrazione culturale. Tuttavia,
la crescente difficoltà nel trovare un equilibrio tra le diverse anime del
continente suggerisce che qualcosa di fondamentale sia stato trascurato. Al
cuore di queste difficoltà si trova un paradosso: la decisione, consapevole o
meno, di rifiutare le radici cristiane dell'Europa.
Il peso delle radici dimenticate
Quando nel 2004 venne discussa la bozza della Costituzione
Europea, il tema delle radici cristiane suscitò un acceso dibattito. Nonostante
il cristianesimo abbia plasmato per secoli l'identità culturale, sociale e
morale dell'Europa, la decisione di non riconoscerlo esplicitamente nel
preambolo del trattato è stata un segnale chiaro: un distacco ideologico da un
passato che si è preferito ignorare.
Questo rifiuto non è stato privo di conseguenze. Le radici
cristiane non sono soltanto un retaggio religioso, ma rappresentano una visione
etica e umanistica che ha gettato le basi per il rispetto della dignità umana,
la solidarietà e la giustizia sociale. Privare il progetto europeo di questi
fondamenti ha creato un vuoto culturale e valoriale, difficilmente colmabile
con il solo pragmatismo economico o l'uniformità burocratica.
L'Euro: un'unione senza anima
L'Euro, simbolo più tangibile dell'integrazione europea,
incarna anch'esso le contraddizioni di un continente che ha scelto di mettere
al centro l'economia, lasciando ai margini la dimensione culturale e
spirituale. Introdotta con l'intento di unire le economie nazionali e
rafforzare la cooperazione tra i Paesi membri, la moneta unica si è trasformata
in un catalizzatore di divisioni.
Le rigide regole economiche, che tengono poco conto delle
specificità storiche, culturali e sociali dei singoli Stati, hanno alimentato
un senso di alienazione tra i cittadini europei. I Paesi del Sud Europa, ad
esempio, hanno spesso vissuto l'Euro come un'imposizione che ha aggravato le
disuguaglianze interne e accresciuto la distanza tra le nazioni. Senza una
visione comune fondata su valori condivisi, l'unione economica rischia di
rimanere un guscio vuoto, incapace di generare quel senso di appartenenza e
solidarietà necessario per affrontare le sfide globali.
Il rischio di un'Europa senz'anima
Il rifiuto delle radici cristiane è emblematico di una più
ampia crisi identitaria. L'Europa sembra talvolta oscillare tra l'omologazione
e la frammentazione, incapace di definire una narrativa unificante che rispetti
le diversità senza smarrire la coesione. La tecnocrazia e il materialismo,
spesso predominanti nelle scelte politiche, hanno ridotto il progetto europeo a
una questione di convenienza economica, trascurando le aspirazioni profonde dei
suoi cittadini.
Per ritrovare una direzione, è necessario un ritorno alle
radici. Non si tratta di imporre un'identità religiosa, ma di riconoscere il
valore universale dei principi che il cristianesimo ha portato alla civiltà
europea. La centralità della persona, la solidarietà, il senso di comunità:
sono questi i pilastri su cui costruire un'Europa capace di guardare al futuro
con fiducia.
Conclusioni
L'Unione Europea è un progetto unico e straordinario, ma
anche fragile. Senza un'anima, senza un fondamento culturale e valoriale
condiviso, rischia di sgretolarsi sotto il peso delle sue contraddizioni.
Recuperare il legame con le radici cristiane non significa tornare indietro, ma
guardare avanti con una maggiore consapevolezza di chi siamo e di dove vogliamo
andare. Solo così sarà possibile costruire un'Europa che non sia solo un
mercato comune, ma una vera comunità di popoli.
29 gennaio 2025 - Giuliano Martini Ascalone