In politica, il concetto di "parola d'onore" dovrebbe rappresentare un pilastro morale, un patto inviolabile tra governanti e cittadini, ma sempre più spesso vediamo che esso vacilla sotto il peso di interessi personali e di partito. Quando un politico promette di perseguire il bene comune, di difendere i diritti e la dignità della società, ci aspettiamo che mantenga fede a quell'impegno, operando con trasparenza e correttezza. Tuttavia, la realtà mostra frequenti "tradimenti" di queste promesse, tradimenti che alimentano il crescente senso di sfiducia verso le istituzioni.
Il tradimento, in questo contesto, non è solo una rottura di parole, ma un fallimento che impatta la credibilità dell'intero sistema democratico. Le politiche spesso privilegiano lobby e potenti interessi economici a scapito dei cittadini, e così i bisogni reali della popolazione vengono marginalizzati. Questo distacco evidenzia una crisi di rappresentanza che mette in pericolo la coesione sociale e la fiducia nel sistema.
L'impegno alla parola d'onore resta una scelta fondamentale: senza di essa, la politica perde la sua legittimità, riducendosi a uno scontro di interessi privati.
Di conseguenza, in un mondo dove l’informazione è diffusa e accessibile, la fiducia tra cittadini e classe dirigente è un valore sempre più fragile. Spesso, i politici promettono soluzioni chiare e immediate a problemi complessi; parole e promesse si susseguono, creando aspettative che, purtroppo, svaniscono in tradimenti non appena il consenso è consolidato. La parola d'onore, il concetto antico che un tempo identificava un patto tra uomo e uomo, oggi sembra aver perso significato in un sistema politico che, troppo spesso, si rivela guidato da interessi personali o di parte piuttosto che da un autentico impegno verso il bene comune.
La parola d'onore non dovrebbe essere una frase vuota, ma un impegno che vincola chi si candida a ruoli di responsabilità, ancor più in un tempo in cui la distanza tra elettori ed eletti si è fatta insostenibile. Troppo spesso, i cambi di posizione politica sono motivati da convenienze e pressioni esterne, alimentando quella sfiducia che allontana i cittadini dal voto. L'astensione, in continua crescita, evidenzia un malessere generalizzato che trova origine in quella politica che tradisce i propri stessi intenti.
Un esempio calzante è il fenomeno delle promesse elettorali fatte in campagna elettorale e abbandonate dopo l’elezione. Promesse che si trasformano in parole vuote quando ci si trova davanti alle difficoltà della gestione pubblica. In un sistema politico sano, invece, le difficoltà dovrebbero spronare la classe dirigente a trovare soluzioni che possano almeno in parte mantenere la parola data, senza scivolare nella retorica e nei compromessi inaccettabili.
Il problema della politica contemporanea non è la mancanza di strumenti legislativi, né tantomeno la complessità dei problemi da risolvere, bensì la carenza di un autentico codice etico che leghi le promesse ai risultati. Troppo spesso, gli elettori si trovano a dover affrontare una realtà politica che tradisce la fiducia, preferendo l’appoggio delle lobby o le alleanze strategiche che vanno a discapito della società nel suo complesso.
Il bisogno di una politica autentica, basata su un patto di lealtà con la popolazione, è sempre più impellente. Forse, l’unica strada per ridurre i tradimenti e restituire dignità alla parola d'onore è riportare l’attenzione sull’etica personale di chi si candida, promuovendo una cultura della responsabilità che vada oltre gli interessi di partito o di coalizione. La parola d'onore, in politica, dovrebbe tornare ad avere un peso reale, poiché senza essa il patto democratico rischia di frantumarsi in mille pezzi di promesse infrante e speranze tradite.
Solo ristabilendo un rapporto autentico e rispettoso con gli elettori si potrà costruire una politica davvero al servizio del bene comune.
2 novembre 2024 - Giuliano Martini Ascalone