L’era cafona: tra cafonaggine istituzionale e maleducazione sociale, il trionfo dell’inciviltà

 


L’era cafona: tra cafonaggine istituzionale e maleducazione sociale, il trionfo dell’inciviltà


Un tempo, il cafone era l’ignorante, il rozzo, colui che non conosceva le buone maniere. Oggi la cafonaggine è un fenomeno più esteso e pericolosamente normalizzato. Non è più solo maleducazione: è ostentazione di arroganza, di aggressività gratuita, è l’inno alla prepotenza come stile di vita. E spesso viene persino scambiata per autenticità o spontaneità.

In un'epoca in cui tutto deve essere "vero", immediato, impulsivo, la cortesia è diventata sospetta, vista quasi come ipocrisia. Perché parlarne oggi? Perché il fenomeno si è infiltrato ovunque, dalle relazioni private alla politica, dai social media alla scuola, ed è diventato il nuovo codice della convivenza. O meglio, della sua distruzione.

Una volta bastava mangiare con la bocca aperta per essere considerati cafoni. Oggi si può urlare in un microfono in Parlamento o deridere qualcuno in diretta streaming e non solo restare impuniti, ma ottenere pure il plauso.

La tecnologia e i social hanno amplificato tutto: si è persa la misura, il pudore, la riflessione. E la cafonaggine si è digitalizzata: meme volgari, commenti offensivi, stories piene di derisioni. La cultura pop, lungi dal contrastarla, l'ha trasformata in trend: il personaggio trash diventa virale, l’opinionista maleducato è osannato, lo show più cafone fa share:

-        Cafonaggine quotidiana: piccole volgarità di tutti i giorni

-        Ogni giorno ci scontriamo con una cafonaggine diffusa:

-        Gente che parla urlando al telefono in treno.

-        Chi interrompe sistematicamente gli altri nei dibattiti.

-        Chi butta cartacce per strada senza remore.

-        Colleghi che non salutano, o clienti che trattano i commessi come servi.

E tantissimi altri esempi negativi che il lettore stesso può immaginare.

Le buone maniere sono diventate optional. Educazione? Una parola da dizionario antico. La spontaneità è spesso la scusa per giustificare cafonaggine e prepotenza. Ma dire sempre tutto ciò che si pensa non è sincerità: è mancanza di rispetto.

Sui social regna la legge del più cafone: vince chi insulta meglio, chi provoca di più. L’anonimato ha sdoganato l’odio come passatempo.

L’educazione digitale non esiste. I commenti sono tribunali sommari, i toni sono quelli da rissa. Il like ha sostituito il rispetto. Gli influencer, che dovrebbero essere modelli, spesso sono i primi ad alimentare il circo della volgarità.

Manca empatia, manca vergogna. Ma soprattutto manca responsabilità.

Parliamo ora della cafonaggine politica e delle Istituzioni: l'era barbarica della democrazia

Un tempo, anche tra avversari politici, c'era rispetto. I dibattiti erano accesi ma civili, e le parole pesate. Oggi tutto è cambiato. La cafonaggine è diventata la nuova lingua ufficiale della politica. Il tono è aggressivo, lo stile è da talk show, il rispetto è evaporato.

Oggi I leader si insultano come tifosi in curva. I parlamentari si azzuffano in Aula. I post sui social istituzionali sembrano scritti da adolescenti provocatori. Tutto è diventato personale, viscerale, scomposto. Una gara a chi urla di più, a chi colpisce più in basso.

La cafonaggine politica è un virus. Contagia la società, legittima l'inciviltà, modella il comportamento comune. Se chi sta in alto disprezza, urla, offende, perché mai il cittadino dovrebbe comportarsi diversamente? Le buone maniere non solo non sono più di moda: sono viste come debolezza.

È una nuova era barbarica, travestita da "libertà di espressione". Ma senza regole, rispetto e civiltà, la libertà diventa solo un'altra forma di prepotenza.

Siamo davvero di fronte a un problema crescente, o semplicemente a un nuovo stile sociale? Dipende da cosa vogliamo essere. La cafonaggine ci semplifica la vita, ci illude di avere sempre ragione, ci dà l’illusione del potere. Ma ci toglie tutto ciò che ci rende umani: il rispetto, l’ascolto, la misura.

Non è nostalgia del passato. È la presa di coscienza che senza educazione non c'è comunità. Possiamo arginarla? Sì, ma solo se torniamo a dare valore alla cortesia, alla gentilezza, all'autocontrollo. E se cominciamo ad esigere da chi ci rappresenta non solo competenza, ma anche decoro, perché spontaneità e maleducazione non sono la stessa cosa. E l'autenticità non ha bisogno di essere urlata per essere vera.

 

9 giugno 2025  -  Giuliano Martini Ascalone


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