Immaginiamo per un momento che la
società italiana funzioni come una grande orchestra, dove ogni orchestrale,
senza eccezioni, suona con padronanza assoluta del proprio strumento,
armonizzando il proprio ruolo con quello degli altri. In questa orchestra ideale,
non ci sarebbero note stonate: il primo violino non prevaricherebbe sugli
altri, i fiati non tenterebbero di sopraffare gli archi, e il direttore
d'orchestra sarebbe rispettato per la sua capacità di coordinare, non per la
forza del comando.
Un'immagine poetica, senza dubbio, ma
che si scontra con la realtà di un paese spesso dissonante, dove le note
stonate sono fin troppo frequenti. Se la metafora musicale ci aiuta a
comprendere l'importanza dell'armonia sociale, ci invita anche a riflettere su
quanto siamo lontani da quel modello ideale. Ognuno nella società ha il proprio
ruolo, il proprio "strumento" da suonare: dal politico al cittadino
comune, dall'imprenditore all'insegnante. Ma quante volte ognuno di noi
esercita il proprio ruolo con vera padronanza? Quante volte ci sforziamo di
ascoltare gli altri e di agire in sintonia?
La sfida dell'armonia sociale
Affinché una società possa funzionare
come un'orchestra ben orchestrata, occorre che vi siano regole condivise e
rispetto reciproco. La musica non nasce dal caos, ma dalla disciplina e dal
talento che collaborano per un fine comune. La nostra società, invece, sembra
troppo spesso caratterizzata dalla competizione sfrenata, dall'egoismo e dalla
mancanza di fiducia nei confronti degli altri.
Il problema non è solo politico o
economico: è culturale. La politica dovrebbe essere il direttore d'orchestra,
capace di valorizzare le diverse competenze e creare un equilibrio armonioso.
Ma cosa succede quando il direttore perde la fiducia degli orchestrali o,
peggio, non ha mai saputo guadagnarsela? Succede che ognuno suona per conto
proprio, senza coordinazione, e l'unica melodia che ne scaturisce è una
cacofonia di interessi contrastanti.
E se l'utopia diventasse realtà?
La domanda sorge spontanea: può la
società italiana diventare davvero un'orchestra armoniosa o siamo condannati a
convivere con note stonate? Potremmo pensare che sia un'utopia, e forse lo è,
ma non per questo dovremmo smettere di aspirarvi. Le grandi orchestre non
nascono perfette: si costruiscono nel tempo, prova dopo prova, errore dopo
errore, fino a raggiungere un livello di eccellenza. Così dovrebbe funzionare
anche la nostra società: imparando dai propri errori, correggendo le stonature
e valorizzando il contributo di ogni singolo individuo.
Ogni cittadino ha la responsabilità
di suonare al meglio il proprio strumento, che si tratti di rispettare le
regole, di contribuire al bene comune o di pretendere che chi governa faccia
altrettanto. Solo allora il paese potrà aspirare a diventare un'orchestra dove
tutti suonano alla pari, senza prevaricazioni, ma con l'orgoglio di essere
parte di qualcosa di più grande.
Un futuro orchestrale
Forse è davvero un sogno pensare che
una società complessa e articolata come quella italiana possa trovare la
perfetta armonia. Ma sognare non è mai stato inutile, soprattutto se da quel
sogno nascono nuove idee e nuovi impegni. La musica ci insegna che la bellezza
è il risultato di un lavoro costante, di un ascolto reciproco e di un rispetto
profondo per la diversità degli strumenti.
E allora perché non provare a suonare
insieme, ognuno nel proprio ruolo, per creare una sinfonia che sia degna di
essere ascoltata? Se anche riuscissimo a eliminare solo una parte delle note
stonate, sarebbe già un grande risultato. Perché, alla fine, la musica più
bella è quella che nasce dall'impegno condiviso e dall'armonia delle
differenze.
10 gennaio 2025 - Giuliano Martini
Ascalone