Negli ultimi anni, l’Italia ha
cercato di digitalizzare i propri servizi pubblici, promettendo maggiore
efficienza e semplificazione. Tuttavia, il sistema informatico della Pubblica
Amministrazione, della Sanità, della scuola e, soprattutto, dei tribunali si è
rivelato incapace di mantenere queste promesse, diventando un simbolo di
inefficienza e frustrazione.
L’Italia ha intrapreso un percorso di
digitalizzazione ambizioso, cercando di modernizzare i sistemi informativi del
settore pubblico, nonostante gli ingenti investimenti e le promesse di
efficienza, i risultati lasciano spesso a desiderare.
Un sistema nato malato
Errori sistematici, inefficienze e
malfunzionamenti sono diventati la norma piuttosto che l’eccezione. Dai portali
online della Pubblica Amministrazione che vanno in crash nei momenti di
maggiore utilizzo, ai software sanitari incapaci di garantire una gestione
fluida dei dati dei pazienti, fino ai registri elettronici scolastici che, in
molti casi, complicano anziché semplificare il lavoro di docenti e segreterie:
il sistema digitale sembra essere costruito su fondamenta deboli.
Tribunali in tilt: un dramma che
rasenta l’assurdo e Il caso più emblematico è quello del sistema informatico
dei tribunali, che è letteralmente bloccato. Molti magistrati, esasperati dai
continui malfunzionamenti, stanno già abbandonando la tecnologia per tornare al
vecchio sistema cartaceo. Una situazione che ha dell’incredibile: fascicoli
digitali inaccessibili, udienze rinviate perché i sistemi non funzionano,
ritardi nelle notifiche e difficoltà a reperire documenti. Questa paralisi non
solo rallenta il già complesso iter giudiziario italiano, ma mina anche la
fiducia dei cittadini nella giustizia.
La tentazione del ritorno al cartaceo
Di fronte a un panorama tanto
desolante, alcuni iniziano a chiedersi se non fosse meglio ritornare al buon
vecchio cartaceo. Le pratiche manuali, per quanto lente e macchinose,
garantivano una certezza operativa che la digitalizzazione non sembra essere ancora
in grado di offrire. I computer, sostiene qualcuno, andrebbero utilizzati
esclusivamente come strumenti di scrittura e archiviazione e trasmissione dati,
senza sovraccaricarli con funzioni gestionali di software che si rivelano
spesso problematici e fallaci.
Il disastro del sistema informatico
giudiziario non è un caso isolato, ma parte di una più ampia inefficienza che
coinvolge anche la Sanità, dove i software per la gestione dei dati dei
pazienti falliscono spesso nel garantire continuità operativa, e la scuola,
dove i registri elettronici sono fonte di continui problemi per docenti e
amministrazioni alla mercè degli algoritmi.
Di fronte a questa situazione, si
rafforza l’idea di ritornare al cartaceo. Nei tribunali, dove l’efficienza è
cruciale per il funzionamento del sistema giudiziario, il ritorno ai fascicoli
di carta viene visto come una soluzione temporanea, ma necessaria, per evitare
il collasso. Anche in altri ambiti, molti iniziano a rivalutare il sistema
tradizionale, che pur lento, garantiva una maggiore affidabilità operativa.
Il costo dell’inefficienza
La cattiva progettazione e gestione
dei sistemi digitali non si limita a creare disagio agli utenti. Ha anche un
costo economico enorme. Software che richiedono continui aggiornamenti,
consulenze tecniche per risolvere problemi strutturali e tempi persi da parte
di dipendenti e cittadini per districarsi in una burocrazia digitale
ingarbugliata rappresentano una spesa che il Paese fatica a sostenere.
Costi e responsabilità
La cattiva progettazione dei sistemi
digitali non solo ostacola il lavoro di magistrati, medici e insegnanti, ma
grava anche sul bilancio dello Stato. Milioni di euro vengono spesi per
software malfunzionanti, aggiornamenti costanti e consulenze tecniche, mentre
cittadini e professionisti devono fare i conti con un sistema che sembra
incapace di funzionare.
Cosa fare?
Il ritorno al cartaceo non può essere
la soluzione definitiva, ma è evidente che il sistema attuale necessita di una
riforma profonda. Servono infrastrutture tecnologiche solide, software
realmente funzionali e investimenti in formazione del personale. Ma,
soprattutto, occorre un cambio di mentalità: mettere al centro l’usabilità,
coinvolgendo chi utilizza quotidianamente i sistemi per progettarli meglio.
E' necessario un ripensamento
radicale dell’approccio alla digitalizzazione. Servono investimenti in
formazione del personale, infrastrutture tecnologiche solide, e soprattutto un
cambiamento culturale che metta al centro l’usabilità e la funzionalità dei
sistemi. Solo così l’Italia potrà finalmente sfruttare il potenziale delle
nuove tecnologie senza essere schiacciata dal peso delle proprie inefficienze.
Conclusioni
La paralisi del sistema informatico
dei tribunali è il simbolo di un fallimento più ampio nella digitalizzazione
del Paese. Se l’Italia vuole uscire da questa situazione assurda, deve agire
con decisione per ripensare l’intero processo di innovazione tecnologica.
Altrimenti, la tentazione di tornare al cartaceo diventerà sempre più forte,
condannando il Paese a un passo indietro che suona come una resa alla
modernità.
L’idea di relegare i PC al ruolo di
“macchine da scrivere evolute” può sembrare estrema, ma rappresenta il grido di
frustrazione di un Paese che, anziché essere supportato dalla tecnologia,
sembra spesso ostaggio delle sue contraddizioni. La domanda cruciale, ora, è:
riuscirà l’Italia a curare il sistema malato o dovremo davvero accettare un
paradossale ritorno al cartaceo?
26 gennaio 2025 - Giuliano Martini
Ascalone