Festival di Cannes 2016: arriva "La fille inconnue" dei fratelli Dardenne

Il mistero è quello di un giallo classico, ma la maniera sta tutta nella direzione di una ricerca della verità che è soprattutto di impronta morale: “La fille inconnue” dei fratelli Luc e Jean-Pierre Dardenne porta un tocco di detection nel Concorso di Cannes 69, dal momento che i due fratelli si mettono per una volta in gioco su una storia che si basa sulla soluzione di un vero e proprio mistero. Lo sguardo resta sempre quello netto e profondo del loro cinema, ma il lavoro di ricerca che conducono porta a una verità destinata a mettere ordine nel mondo della protagonista e giustizia nello stato delle cose. In scena c’è Jenny, una giovane dottoressa di base del servizio sanitario, appassionata e competente, vicina ai suoi pazienti e disponibile ben al di là del dovere. E’ anche per questo che sente come una ferita profonda alla propria coscienza quella morte che ha involontariamente causato quando una sera, oltre l’orario di servizio, non ha aperto la porta del suo studio a una ragazza di colore trovata poi morta la mattina dopo. Jenny, naturalmente, non ha nessuna colpa diretta, ma non riesce a non sentirsi responsabile di quanto accaduto e inizia a indagare per scoprire il nome della vittima, trovata senza documenti, e per capire chi può aver causato la sua morte. I Dardenne costruiscono dunque un film in cui scompongono il dramma della protagonista nella contrapposizione tra senso di colpa e senso di responsabilità, tema che a ben guardare è radicato in tutto il loro cinema e che qui si applica a una storia dove la verità diventa lo specchio in cui ogni figura in scena è destinata a riflettersi. Jenny, infatti, non cesserà di andare in giro in cerca di qualcuno che possa identificare la vittima e che possa aver visto cosa è davvero accaduto quella notte, al di là della fuga spaventata della ragazza registrata dalle telecamere di sorveglianza dello studio medico. 
Le indagini del medico porteranno a galla progressivamente una serie di testimoni e responsabili più o meno diretti, che dissimuleranno le proprie azioni e affideranno al segreto deontologico della sua professione il fardello di una colpa della quale non riescono a farsi carico in prima persona. Ecco dunque che i Dardenne elaborano in senso laico il tema fortemente morale della testimonianza e della confessione, spingendo il loro film in un ordito che intriga. Peccato che alla storia manchi una struttura davvero avvincente, lasciando che il film si tenga aggrappato a una ricerca che questa volta non trova nello sguardo dei Dardenne un vero rigore formale. La giovane Adèle Haenel, interpreta con fermezza ma anche immediatezza quasi adolescenziale il ruolo di Jenny, assecondando l’idea dei Dardenne di fare di questa dottoressa una figura in bilico tra rigore morale e ingenuità.

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